di Otello Calbi
dalla rivista "Nostro Tempo – cultura-arte-vita", febbraio 1954
Quando Claudio Monteverdi musicò “Il Ritorno di Ulisse”, l’opera per il teatro aveva appena cinquanta anni di vita. Ma quanta e quale evoluzione in tre secoli! Quanti delicati passaggi con Alessandro Scarlatti, con G.B.Lulli, con Purcell; quanta fioritura con la scuola napoletana del ‘700; quanto cammino attraverso l’Europa con le riforme di Gluck e di Wagner! Poi l’Otello ed il Falstaff di Verdi ed il così detto “teatro verista” hanno sottoposto la voce ad ogni personale arbitrio, lanciando i cantanti nel più acuto registro, conducendo ad eccessive vibrazioni l’espressione delle passioni, fino a sostituire l’urlo alla melodia.
Nei tre secoli durante i quali i poeti hanno scritto e i musicisti hanno cantato, spesso si è parlato di poesia e di musica, concorrenti alla costruzione di una opera d’arte, e il ragionamento per la buona maniera del melodramma ha sempre trovato le radici nel canto e nella recitazione dei Greci e dei Romani: così per Jacopo Peri e i suoi compagni, per Cristoforo Gluck e per Riccardo Wagner. Ma troppe volte la musica ha avuto il sopravvento sulla poesia o su un soggetto casuale.
La poesia e la musica, ho scritto nel 1949, intimamente unite, devono scorrere in teatro come due elementi indipendenti: l’una deve procedere spedita e naturale come se non dovesse obbedire ad alcuna necessità: l’altra, la musica, deve portare al soggetto, e quindi alla poesia, l’ambiente, la cornice, le voci della natura, che hanno i loro suoni e il loro linguaggio anche nella realtà. …. Non vi deve essere poesia soggiogata alla musica, ma due espressioni ben distinte che camminano di pari passo, intrecciandosi, alternandosi, completandosi. …
Odisseo dunque non ha cantato perché è un personaggio che ha bisogno di esprimere il suo travaglio senza tratteggi di binari obbligati, senza ovattature e senza ricami. Egli, caldo di umanità, ha bisogno di mettere a nudo la sua vita interiore nella sua forma più semplice ed istintiva. Il pubblico, così, può sentirne più facilmente il dramma e tra la rappresentazione e l’ascoltazione non v’è nulla che si frapponga. La musica prepara l’atmosfera con i colori e i timbri per avvincere la sensibilità dello spettatore, disporlo a sentire il dramma, organizza e completa la recitazione: ne deriva l’opera con le sensazioni immediate, moderna, aderente alle nuove esigenze comprensive delle masse.
L'autore e gli interpreti de "Il ritorno" la sera della prima al Teatro San Carlo
Da un'idea di Roberta Calbi - ©2025 - tutti i diritti riservati
Lascia un tuo pensiero sul Libro dei messaggi
Powered by: Ugo Amirante