Otello Calbi nei ricordi di...

Antonio Casagrande - Attore teatrale e cinematografico

Formidabile interprete del teatro di Eduardo. “Filumena Marturano”, “Napoli milionaria”, “Ditegli sempre di sì" alcuni dei titoli. Protagonista di molti film di successo con vari registi: “Così parlò Bellavista”, ambientato a Napoli, ed altri. Ha esordito come cantante lirico al San Carlo di Napoli e al Regio di Parma.

"Io Ulisse al Teatro San Carlo..."

“La prima esperienza fu terribile. Piangendo corsi da mia madre, “Mammà, … chella là m’allucca ‘ncapa” (“Mamma, quella mi grida in testa”).  Chella là era niente meno che Maria Caniglia, il grande soprano, protagonista in Madame Butterfly. Io, appunto,  facevo la parte del figlioletto ed era logico che nel finale del 3° atto, il momento più drammatico, lei cantasse a piena voce stringendomi al petto. Ma io ero piccolino, avevo 5 anni, ora ne ho 88. Avevo la bandierina americana in mano, come veniva richiesto, ma gli acuti mi spaventavano.”

Così Antonio Casagrande, conosciutissimo come attore teatrale e cinematografico,  ci racconta il suo esordio … musicale … sul palcoscenico del Teatro San Carlo. La sua voce, il timbro inconfondibile, la cortesia con cui ci ha accolto nella sua casa di Napoli ci mettono subito a nostro agio. E lui, tra un caffè e l’altro, mentre fuori piove a dirotto, sciorina volentieri e con memoria puntuale ricordi del passato e giudizi sul presente.

Quindi, Maestro, ha abbandonato subito l’opera lirica?

“No, no – riprende -  con l’aiuto di mamma, ho ripreso le repliche. E poi mi sono appassionato. Ho proprio studiato musica, al Conservatorio S. Pietro a Majella, con il M° Lauro. Ho conseguito il diploma e ho avuto le prime particine nel coro al San Carlo. Lì, un po’ di delusione. Io mi sentivo entrato nel Tempio della musica, ma non per tutti era così …  II primo ingaggio fu al Teatro Regio di Parma. Ero contentissimo di esordire in un grande teatro, nella terra di Giuseppe Verdi.  Mi accorsi però presto che con la musica non si mangia. Io venivo da una famiglia modesta. Mia madre ha fatto tanti sacrifici per allevare noi quattro figli. Ero partito con tante belle speranze e una certa sicurezza di me.  Cantai ne “La Bohème”, nelle parti di Alcindoro e Benoit, e poi nell’”Andrea Chénier”, ma al 20° giorno di prove ricevetti una raccomandata in cui il M° Angelo Questa mi protestava. Io interpretavo un sanculotto, un ubriacone, e avevo delle idee sul come interpretarlo, idee che non coincidevano con quelle del regista, avevo il difetto di “avere delle idee…”. Insomma, abbandonai la lirica e mi trasferii a Milano. Cominciai a fare vari provini di prosa, uno anche con Strehler. A Milano ho lavorato parecchio, al Teatro S. Erasmo ho interpretato per molti mesi  “L’uomo dal fiore in bocca”, ma era difficile mantenersi. Quando seppi che a Napoli Eduardo faceva le audizioni decisi di provare … e da allora … lo sapete … sono rimasto qui. Ho lavorato molto e ho avuto grandi soddisfazioni.”

Come mai il ritorno alla musica, al San Carlo, nel 1975?

“Ah, quella è stata un’esperienza bellissima, la ricordo con piacere. Ero a Milano. Lavoravo in Tv con Sandra Mondaini. Mi chiamò Salvatore Di Costanzo, il fratello del Sovrintendente del San Carlo, il commendatore Pasquale, un grande che ha fatto grande il teatro. Lui sapeva bene che avevo studiato musica, che sapevo leggere le partiture, e gli sembrò che fossi adatto per l’opera “Il ritorno”.  Mi disse “facciamo un’opera in versi e musica” e io accettai volentieri. Quando mi mandarono lo spartito, mi sono subito appassionato perché tutte le parole erano sulla musica. Verdi scriveva in verticale. E’ difficile recitare sulla musica, ma questa nuova esperienza mi appassionava.  Era di recitazione, ma si incastonava in una partitura d’opera. La mia formazione musicale mi è stata di grande aiuto.“

Mio padre era contentissimo di lei. Diceva che era entrato subito nella parte.

“Sì, quando ho affrontato Ulisse ero in vantaggio perché leggevo lo spartito. Mi interessava seguire la bacchetta, questo mi appassionava, seguire il direttore, era Manno Wolf Ferrari. Il regista era Gianni Avolanti, un tenore che era passato alla regìa.”

Ha ricordi vivissimi, Maestro, nonostante siano passati più di 40 anni da quella interpretazione.

“Sì, ricordo tutto benissimo. Ero truccato da vecchio, con la parrucca … L’opera rappresenta Ulisse che ritorna stanco e anziano alla sua Itaca. L’opera era un capolavoro, con quella intuizione di unire musica e prosa come due espressioni dell’animo umano, ma era troppo nuova, non fu capita. Forse, chissà, andava spiegata in qualche modo prima. Ma era  un capolavoro quella novità, ne sono convinto. Io ebbi un personale successo di critica. Anche molti registi si congratularono. E’ un’esperienza che ricordo con piacere.”

Ed ora si interessa ancora di teatro e di musica?

“Sì, ho piacere di trasmettere la mia esperienza. Faccio delle lezioni per piccoli gruppi. La musica credo che bisognerebbe insegnarla nelle scuole di recitazione per dare valenza ritmico-musicale alle parole. Poi mi piace seguire concerti per televisione, il M° Muti per esempio, e rileggere testi poetici che ho amato, Pavese, Carducci. Volentieri tornerei a recitare, … mi dicono che ho un’età …”

Ma vigore, memoria, gestualità e inflessioni di voce sono intatte e anzi – gli riferiamo – la gestualità, in particolare quella utilizzata nel film “Così parlò Bellavista”, di Luciano De Crescenzo, è studiata dai logopedisti come modello da utilizzare per chi non ha uso di parola. 
Quindi, chissà, magari rivedremo Antonio Casagrande in una nuova magistrale interpretazione!

a cura di Francesco Bianco e Roberta Calbi
                                 13 dicembre 2019

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